Sulle tracce di una rivoluzionaria antifascista

Mi chiamavano Tina

Uno spettacolo che attraversa la vita e le scelte di Tina Modotti, non solo come artista, ma come donna e rivoluzionaria. Un viaggio teatrale che abbandona la narrazione della Modotti icona bohemien per restituirci la sua essenza più autentica: un’artista che usa la fotografia come strumento di denuncia sociale, una combattente per la libertà e per l’uguaglianza.

Di e con Manuela Fischietti 

Regia Maura Pettorruso

Ricerca storica Lorenzo Vicentini

Costumi Valentina Basiliana

Grafica Nadia Groff

Luci Luca Dè Martini di Valle Aperta

Foto di scena Francesca Padovan

Riprese video Roberto Gallina Videocrazia

Una produzione Rifiuti Speciali in collaborazione con Centro Servizi Culturali Santa ChiaraHarpolab - Centro culturale per il cinema e l'immagine, Circolo fotografico Tina Modotti Bolzano e il contributo di Comune di Trento e Fondazione Caritro

Non voglio morire nel ruolo sbagliato. Voglio morire con il mio vero volto dopo aver assolto al mio compito su questa terra”. Tina Modotti  

Quella di Tina Modotti è una vita straordinaria. Chi decide di raccontarla si trova sin da subito davanti a domande inequivocabili: chi era davvero Tina Modotti? Da quale punto di vista narrare questa storia? Il mistero che avvolge la sua vita è reale o frutto di congetture e leggende? Un’attrice in scena ripercorre insieme al pubblico le tante vite dell’artista friulana fino a quando, di fronte a queste domande, decide di raccontare un’altra Tina Modotti, meno conosciuta, forse più scomoda ma sicuramente lei più vicina: quella della rivoluzionaria antifascista. Non voglio morire nel ruolo sbagliato è la frase che determina questa scelta, la più difficile perché significa entrare in un mondo dove non ci sono più le parole di Tina né le sue fotografie; ma è anche la scelta che origina l’entusiasmo e la passione di chi decide da che parte vuole stare. Una frase che risuona nell’attrice portandola ad abbandonare una messa in scena che racconta la Modotti solo come artista bohemien ed eccellente fotografa, a favore di una narrazione concentrata su una donna che lotta per i suoi ideali, affermando senza timore e ancora una volta da che parte stare: l’uguaglianza, la libertà, la fotografia come mezzo di denuncia sociale, la militanza politica e l’antifascismo. Mi chiamavano Tina è una storia di sogni, di amori, di rivoluzione e di scelte. Uno spettacolo che cerca di mettere insieme le diverse anime di Tina Modotti rendendola una rivoluzionaria a tutto tondo. Non solo nella fotografia, non solo nella politica. Ma nella vita. Mi chiamavano Tina è un omaggio ad una grande artista, operaia, attrice, fotografa, antifascista e militante nel partito comunista internazionale; una donna che ha attraversato la vita senza mai tradire il suo istinto di combattente messo al servizio della libertà e ribellandosi alle convenzioni dell’epoca e alle censure delle dittature che infiammavano il mondo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Ma è anche un omaggio agli incontri che avvengono in controtempo, alle vite che si sfiorano eppure, insieme, si definiscono.

Avanti
Avanti

Solo gli sfigati lavorano la domenica